Dott. Massimo Pietrasanta - Psichiatra

Intervista del 11/1/11

Paola: Le sanzioni sono utili alla vita comunitaria?

Pietrasanta: Il problema di fondo è che la sanzione è utile se consente degli apprendimenti e questo vale sia nella vita sociale che nella vita comunitaria. In fondo la Comunità Psichiatrica non è che una piccola parte della società che deve avere regole più o meno rigide che, di volta in volta, devono essere valutate.

La sanzione non è altro che il meccanismo che usano i genitori con i figli. quando dicono questa cosa si fa altrimenti......... per ottenere un risultato devi fare questo altrimenti.............

Purtroppo quell'altrimenti, nella concezione sociale in generale e non solo nella comunità Psichiatrica, è diventato sempre più vago, il genitore da un ordine, una disposizione ma,. parlare di ordine è diventato difficilissimo perché a questo punto tutto è contestato, e questo è uno deiproblemi più grandi che abbiamo nel nostro meccanismo sociale.

Giovanni: Anche perché non c'è più il rispetto che c'era una volta per i genitori. Mia mamma a suo padre dava del voi, i ragazzi di oggi sono più ribelli e la sanzione sarebbe meglio ripristinarla.

Pietrasanta: La sanzione non deve essere intesa come punizione ma come il segnale che non è stata rispettata una regola ed è utile solo se ha un senso, solo se la persona che la subisce gli attribuisce un significato, una motivazione e, inoltre, la sanzione deve essere sempre proporzionata alla regola.

Ora, se io dico che chi arriva in ritardo non potrà uscire per i prossimi 10 anni o non uscirà più, un po' come era la regola del manicomio di un tempo, io non sanziono ma punisco in modo anche sproporzionato. La differenza è che c'è tra la comunità terapeutica, che ha un senso di cura, e un manicomio, che è il luogo di chiusura ed esclusione, è proprio questa: l'inserimento in manicomio era già una punizione perché non aveva senso non aveva durata né un termine, era arbitraria. La sanzione non solo deve essere conosciuta e condivisa ma può succedere che quando si costituisce un regolamento di comunità molte volte si tenga conto del parere degli ospiti oltre che degli operatori. Quindi, le sanzioni devono essere flessibili, quello che va bene oggi magari non va più bene o non ha più senso domani.

Daniele: è compatibile la sanzione con il concetto di riabilitazione?

Pietrasanta: Si, in fondo l'ho appena detto, addirittura ci sono dei percorsi dei modelli di riabilitazione in cui le persone vengono premiate con dei gettoni e sanzionate togliendo dei gettoni, un po' come per i giochi televisivi, dove uno se mantiene il suo progetto viene premiato con dei gettoni e viceversa se si comporta non bene questi gettoni gli vengono tolti.

E' un modello un po' rigido molto basato sul comportamento delle persone ma è un modello che nella riabilitazione può anche essere funzionale.

Mario: La sanzione, comunque non deve essere fine a se stessa e il famoso gettone deve avere un senso per chi lo riceve e per chi lo dà

Pietrasanta: Certo, per tutti e due. Il senso della sanzione e di questi percorsi riabilitativi non è mai per il singolo, per chi la dà o per chi la subisce, deve essere una relazione tra le due parti Se la sanzione ha solo senso per gli operatori, per gli ospiti diventa una punizione quindi deve essere qualche cosa che si introduce all'interno di una comunicazione., nel profondo di una relazione tra due persone

Giovanni: quanto è rimasto della cultura manicomiale in quello che oggi viene insegnato ai giovani medici e praticato nei reparti di psichiatria e in comunità?

Pietrasanta: questa è una bellissima domanda, quanto rimane del manicomio non essendoci più apparentemente il manicomio?

Io, dopo tanti anni di lavoro, penso che il manicomio sia qualche cosa che è dentro e fuori di noi, molti dei comportamenti che si verificavano nel manicomio possono tranquillamente verificarsi anche fuori.

Il manicomio in più aveva due aspetti: Il non significato delle cose e il tempo di permanenza indeterminato.

Se uno viveva una crisi, poteva anche succedere ad un bambino, e qui nel manicomio di Alessandria avevamo degli esempi., poteva essere ricoverato eternamente all'interno di questa struttura, uno poteva aveva un comportamento strano, curioso e per questo ricoverato, ma, terminato questo comportamento era ritenuto sempre responsabile di quello che gli era capitato, stigmatizzazione, per cui senza tempo e senza senso.

Oggi è più difficile che ci sia questa cultura però alcuni brani di questa cultura si possono ancora trovare, pensate ad esempio agli aspetti burocratici dei servizi, lo dico nonostante io sia dall'altra parte, non sempre le regole dei servizi hanno un senso, molte volte sono solo abitudini.

Per gli operatori è un percorso difficilissimo anche se comprensibile perché comunque la ripetitività , l'abitudine dà sicurezza.

Giovanni: Allora, seguendo quello che ci dice lei, della vecchia concezione è rimasto ben poco

Pietrasanta: E' rimasto ben poco dal punto di vista della struttura ma anche molto nella mente delle persone.

Bisognerebbe dare alla relazione con i malati un più ampio spazio ed avere la capacità di capire quando cambiano le cose..


Giovanni: E' quello che cerca di fare l'associazione del Tiretto che è anche riuscita a regalarci un pulmino.

Proprio il confronto, il dialogo e la relazione tra Operatori, Paziente e Volontari è le loro ragione d'essere...

Tornando alle domande, ci sono casi in cui è stato costretto a sanzionare e se sì ha poi avuto sensi di colpa?

Pietrasanta: Questa è una bella domanda ed è personale.

Sì, ci sono stati casi in cui sono stato costretto a sanzionare, da un certo punto di vista, se ci pensate, il Trattamento Sanitario Obbligatorio ha una componente di sanzione.

Se c'è una persona che non comprende di stare molto male ed io come medico ritengo che debba essere fermato perché rischia di più a stare fuori che non nell'ospedale. la mia decisione può avere un aspetto sanzionatorio inteso come educativo.

Se il TSO è fatto dando un significato, non la ritengo una punizione.

Di solito si cerca di evitare il TSO convincendo la persona che è utile che si curi, però, non sempre è possibile ed allora, se io non sono capace di capire e di spiegare o l'altro non è in grado di comprendere, allora magari il TSO diventa inevitabile.

Io penso che uno dei compiti del medico, proprio se ha in mente questo aspetto, è quello di intervenire e di non lasciare che le cose vadano per i fatti loro.

In alcuni casi l'intervento è apparentemente punitivo, in realtà serve a fare star meglio la persona.

Certo che se invece lo stesso TSO viene fatto senza parlare con la persona, senza capire perché si fa basandoci su alcune indicazioni, allora diventa una cosa chiaramente punitiva e senza significato.

Personalmente non mi sono mai trovato a fare cose a cui non ho dato significato per cui, è vero che ogni tanto ci sono dei sensi di colpa, ma non tanto per l'aspetto sanzionatorio quanto per il fatto di non essere stato capace di entrare in relazione con la persona che stava male.

Mario: Molto dipende dalla sensibilità degli uomini ...le regole sono fatte poi...........

Pietrasanta: Sì. si. le regole sono uguali per tutti, poi la relazione tra gli uomini è importante ad esempio quando ero reperibile non ho mai avuto bisogno di altre persone ho sempre preferito avere un tu per tu con la persona in crisi, avere tante persone attorno, le guardie, i vigili rischia di confondere la relazione..

Paola: Se la sanzione è utile può essere sostituita con attività utili alla comunità?

Pietrasanta: Anche questa è una buona domanda, è la misura alternativa alla pena, io credo di si, quella potrebbe essere un'ottima soluzione per rendere la sanzione più flessibile.

Daniele: Quindi può essere un'alternativa..

Pietrasanta: Certamente, la sanzione in realtà è un impegno per le due persone, non crediate che sia facile per l'operatore comminare delle sanzioni, se l'operatore da un significato alla sanzione, ritorno alla domanda del senso di colpa, nessuno di noi è contento di sanzionare delle persone, perché dovrebbe essere contento?

Allora vuol dire che un minimo di senso di colpa lo si prova quando devo dire ad una persone che non deve uscire perché si è comportato male.

Se anch'io ho un'alternativa alla rigidità della sanzione anche il mio compito è facilitato.

Mario: Queste domande sulla sanzione hanno avuto una causa scatenante..

Tempo fa avevamo un volontario che veniva al sabato in comunità a prendere i ragazzi che, con il pulmino regalato dal Tiretto, venivano accompagnati fuori dalla comunità.

Ora, in seguito alla applicazione di sanzioni vigenti nella struttura, al nostro volontario succedeva di dover portare solo un ragazzo o addirittura nessuno con del bel risultato di rendere inutile la specifica funzione del pulmino e di frustrare l'entusiasmo del volontario che, peraltro, ha smesso di venire.

Questo mi fa pensare che le regole per quanto necessarie non possono essere soffocate dalla loro stessa rigidità. Se diamo un numerino ad ogni nostra azione, che possono essere i gettoni di cui lei parlava precedentemente, con cieca, burocratica e arrogante rigidità, renderemo la regola talmente inflessibile da restituirla alla inefficacia.

Pietrasanta: Certo, se è troppo rigida...............

Mario: Ma il risultato è che adesso al sabato non esce più nessuno con il pulmino. Se a questa presuntuosa rigidità riusciremo a fare applicare quello che prima chiedeva la Paola, sostituzione della sanzione con attività alternative, avremmo il doppio vantaggio di vedere i ragazzi impegnati in attività utili alla comunità e contemporaneamente permettere loro di uscire dal contesto monotono della struttura comunitaria con un buon risultato terapeutico educativo e socializzante.


Pietrasanta: Avere una unica regola ed una unica sanzione è estremamente limitativo nel senso che impedisce tutto quella fase educativa propria del moderno concetto di riabilitazione.

Oggi non possiamo minacciare di comminare una punizione se non c'è un certo comportamento, oggi si comprende che ci sono apprendimenti diversi, che ci sono persone diverse, che ognuno di noi impara in maniera differente, quindi, che anche la regola è appresa in maniera differente.

Secondo me, in un discorso di comunità, c'è un di più di quello che dice Mario, su cui si può concordare tranquillamente, se è utile l'uscita in gruppo fuori della struttura e se questa è una priorità può essere molto negativo impedirlo ma, se rovesciamo il punto di vista, possiamo anche dire che, se uno ci tiene così tanto ad uscire, dovrebbe fare in modo di rispettare le regole di comportamento che gli sono state date.

Allora, se i binari sono così distanti, se non è un problema del singolo ma riguarda la maggior parte del gruppo, forse bisognerebbe chiedersi se è il progetto che è fallito e di conseguenza, ridiscuterne le regole e le sanzioni.

Se si ritiene che sia utile uscire, e io ritengo come lui che sia utile, poi chiamiamolo educativo terapeutico riabilitativo tutto quello che vogliamo però, se è utile uscire è importante che si dia un significato a questa cosa, a questa uscita, in caso contrario tutto diventa automatico e anche l'uscita automatica può non essere utile.

Daniele: Che cosa si intende per progetto terapeutico personalizzato?

Pietrasanta: Il Progetto Terapeutico Personalizzato vuol dire usare le risorse che ognuno di noi ha al proprio interno, anche legate all'esperienza di malattia, perché comunque la crisi ti da un'esperienza di vita come cambiare lavoro o cambiare abitazione, come sposarsi o separarsi.

Ora tutti questi avvenimenti sono la storia della persona e il Progetto Terapeutico Personalizzato vuol dire tenere conto della storia della persona e vuol dire anche lavorare sulle capacità che la persona ha dimostrato di avere, non chiedendogli cose che non è in grado di fare.

Ognuno di noi ha dei limiti in cui deve riconoscersi e a cui non può essere confrontato tanto più se ha avuto esperienze di crisi.

Quindi il Progetto Terapeutico Personalizzato vuol dire questo: usare le risorse della persona, supportarla magari con farmaci con colloqui psicologici magari anche con il gruppo di amici con cui esce tenendo però, sempre conto di quello che è, della sua storia.

Giovanni: In questo modo non pensa che conoscere tutta la storia del paziente faccia diventare il tutto troppo prolisso e crei la necessità di avere molto personale in un momento in cui le risorse sono carenti?

Pietrasanta: E' vero che oggi c'è un problema di risorse umane ma è anche vero che siamo di fronte a una cultura che nel tempo si è modificata.

Lo studio della persona si è un po' perso, un tempo noi eravamo molto più curiosi di sapere, forse perché arrivavamo nel manicomio e vedevamo persone che non capivi cosa stessero facendo, come mai erano lì e cercavamo tante risposte.

Oggi invece c'è più una risposta indirizzata sul farmaco, sono tutti molto convinti che la risposta è nella medicina.

In parte è vero, il farmaco ha fatto grandi passi avanti, sono più tollerabili e non dico che i farmaci non servono in fondo senza di loro forse noi non saremmo qui a fare queste chiacchiere, i farmaci aiutano, supportano, fanno parte del progetto individualizzato.

E' anche vero, che questo in qualche modo ha giustificato i medici e gli operatori a non ricostruire più bene la storia personale del paziente.

Mario: Ma il progetto richiede delle tempistiche di verifica?

Pietrasanta: Si! Il progetto parte dalle risorse della persona e poi deve essere monitorato, non è che vale per sempre. La nostra storia è sempre in cammino e la verifica di questo cammino è indispensabile.


Intervista in pillole

Lucia Capitano - Caposala SOC Riabilitazione

D: - La sanzione è accettabile in una comunità psichiatrica?

R: - Dipende, non sempre le sanzioni sono utili, dipende da ciò che vogliamo ottenere. Non devono essere fine a se stesse e gli effetti che ne derivano devono essere monitorati. Comunque la sanzione deve essere sempre condivisa e deve aiutarti a crescere e a responsabilizzarti.

Riassumerei dicendo che la sanzione deve essere compresa, condivisa e monitorata.

D: - Sostituire la sanzione con attività utili alla vita comunitaria come chiedono alcuni ospiti può essere favorevole?

R: - Si, può essere di aiuto alla crescita e alla consapevolezza dell'utilità alla collaborazione e può servire a superare la sanzione come punizione.

D: - Cosa è la Riabilitazione?

R: - La riabilitazione aiuta l'individuo a comprendere quali sono le sue potenzialità e migliorare conseguentemente la qualità della sua vita. E' un percorso di miglioramento da fare assieme.

D: - Può spiegare cosa è il progetto Terapeutico Personalizzato?

R: - E' un progetto di vita, è un progetto di cura adattato alla persona, alla sua personalità. Ogni persona è unica e deve essere considerata in modo olistico, completo.


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