Dott. Giorgio D'Allio Psichiatra - Direttore D. S. M. - Alessandria

Intervista del 19 Gennaio 2011

Paola: E' utile la sanzione nella vita comunitaria?

D'Allio: Occorre fare molta attenzione ai comportamenti sanzionatori, se tu sanzioni un atto che è correlato al malessere della persona, stai facendo un atto inutile e stupido perché, invece di sanzionare, dovresti affrontare il problema rappresentato dal comportamento e cercare di lavorarci sopra. Diverso è se la sanzione è derivante da inosservanza. Essendo stati tutti quanti figli e alcuni di noi sono genitori, la nostra logica ci porta a pensare che sia corretto mettere delle regole che, se non osservate, porteranno alla punizione.

E'una procedura semplice e prevista, però, probabilmente, ha ragione Giovanni quando dice che è un comportamento troppo sterile perché voi non siete miei figli ed io non sono vostro padre. Bisogna essere molto chiari su questo, voi state affidando alcune parti di voi a me o a chi fa l'operatore perché volete che se ne abbia cura, per cui, se c'è un venir meno a una regola, è probabile che ci sia un problema, un problema di relazione, oppure, un problema rispetto a questa regola.

Ora, delle regole, posso comprendere i motivi sanitari, educativi e tutte le altre motivazioni che volete, ma il problema è che se tu invece di dieci sigarette ne fumi dodici perché te le nascondi, probabilmente dovrei interrogarmi sul perché di questo tuo comportamento e su questo lavorare. Visto che tutti i movimenti di miglioramento, tutto ciò che noi riusciamo a fare come sistema tra il curante e il curato, è basato sulla relazione e se tu non rispetti questa parte di relazione c'è un problema nella relazione!

Daniele: quindi c'è anche un problema di comunicazione.

D'Allio: Di comunicazione, di relazione. Può essere anche un problema molto grave, nel senso che anche una piccola mancanza, come il rientro in ritardo da un permesso di uscita di soli 15 minuti deve incentivare questa relazione; esiste una regola, esiste una sanzione, ma esiste anche l'intelligenza emotiva tra le due persone. Perché hai fatto tardi? Perché ho perso il pullman, mi sembra stupido darti una sanzione!

Perché hai fatto tardi? Perché mi rompo le palle di entrare all'ora che dici tu, perché questo mi da fastidio. Questo è un atto fatto su una parte di malfunzionamento dell'individuo, vuol dire che io ho delle parti che mi portano a ribellarmi e allora devo lavorare su quello, in questo caso che senso ha la sanzione? A cosa serve? Anzi, nel momento in cui ti do la sanzione perché tu non hai rispettato una regola sapendo di farlo e volendolo fare, in realtà io ti sto dando un motivo ancor maggiore per distanziarti dal progetto terapeutico e quindi per incancrenire la situazione.

Daniele: quindi si peggiora la situazione di quel soggetto

D'Allio: Non solo, si peggiora il progetto, è molto semplice.

Sarò anche categorico, se la relazione non sta funzionando e tu mi stai portando degli attacchi con comportamenti anche stupidi, affrontiamo il problema e se non riusciamo a risolverlo anche con comportamenti scarsamente significativi, è finita la relazione terapeutica. Se veramente, attraverso un tuo ritardo di 15 minuti, che io peraltro sanziono, e il giorno dopo tu ritardi di mezzora, è segno che io non riesco ad intervenire sulla nostra relazione.

Piuttosto ti dico, va bene, non c'è niente da fare, chiudiamo qui, vai fuori dalla comunità, arrivederci, non una sanzione ma l'interruzione di un progetto terapeutico perché, il progetto terapeutico non esiste senza l'incontro di due volontà, non c'è la possibilità di portarlo avanti.

Giovanni: Senza sanzioni il vostro compito diventa difficilissimo

D'Allio: Ma chi l'ha detto. In questo momento tu mi manderesti in quel paese?

Giovanni: No!

D'Allio: E' una questione di rispetto reciproco.

Per quale motivo io dovrei utilizzare un sistema sanzionatorio per funzionare con te, quando posso utilizzare un sistema molto più proficuo per tutti, chiarendo al principio quello che vogliamo fare. Il giorno che tu fai qualche cosa che non va bene secondo il mio sistema di regole affronteremo il problema.

E' chiaro che se c'è la mia e la tua disponibilità a superare gli eventuali problemi, il giorno in cui tu avrai nuovamente quell'atteggiamento non corretto, vorrà dire che c'è un problema ma non vuol dire che io devo irrigidirmi e sanzionarti.

Paola: anche nel gruppo appartamento ci sono delle regole

D'Allio: Le regole devono sempre avere un senso, se io ti metto una regola per cui questa non ha né senso di civile convivenza né senso terapeutico sarà una regola sbagliata, e prima o poi sarai costretta a non accettarla perché è una regola stupida. Io ricordo che in una comunità in cui ho lavorato per quasi 10 anni c'erano anche i tempi per poter andare ai servizi, non si poteva andare durante le attività psicoterapeutiche o durante le attività di gruppo. Ora, questa era una regola stupida.

La regola deve avere un senso che deve essere stabilito e basato sulla convivenza civile: Noi chiudiamo a mezzanotte, se tu sai di fare tardi fammelo sapere, ti metterò nella condizione di non svegliare tutto il caseggiato al tuo rientro.

Daniele: La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri

D'Allio: Io ci metterei anche un inframmezzo, una persona che ha veramente a cuore il rispetto per gli altri, limita ancora di più la propria libertà, è quello il sistema sanzionatorio ancor più forte. Nel momento in cui ti chiediamo di rientrare alle 19 perché mangiamo tutti assieme come in una famiglia e ti chiediamo di informarci di un tuo eventuale ritardo, in quel momento noi ti stiamo responsabilizzando perché la nostra regola è anche motivata perché sai che prepariamo tavola, che prepariamo il cibo e dovresti anche sapere che un tuo ritardo ci può fare pure preoccupare.

Io so che in questo caso una sanzione ai tuoi occhi può essere vissuta come una punizione ma non lo sarà se io sarò capace di relazionarmi con te, se sarò capace di parlarti Ora, può anche succedere che alla richiesta delle motivazioni per un ritardo tu mi risponda "sai non ci ho pensato".

Ecco, questo è un problema serio.

Non ragiono in termini di sanzione, è un problema serio perché significa che se tu non ci pensi, vuol dire che in quel momento non stai avendo a cuore gli aspetti emotivi dell'altro, cioè la mia preoccupazione. Il rispetto è alla base dei rapporti umani. Io ho assistito ad una sorta di miracoli comportamentali sulla base del rispetto della relazione. Ci si trova a fare delle cose che non si farebbero mai se solo dovessimo decidere per noi stessi, le facciamo perché ci teniamo alla relazione con l'altra persona, perché sentiamo che quella persona farebbe la stessa cosa con noi. Bisogna smettere di pensare che il paziente affetto da disturbo psichico non abbia la capacità di rapportarsi agli altri in maniera normale.

Giovanni: Però il malato psichiatrico ha più capacità di relazionarsi con chi ha gli stessi suoi problemi

D'Allio: Certo, allo stesso modo che i ragazzi che vanno a scuola si relazionano più facilmente con gli altri allievi, ma questo significa poco, anzi, significa il contrario di quello che accade, perché se è vero che tu ti relazioni meglio con chi ha i tuoi problemi piuttosto che con me è anche vero che quello che io ti sto chiedendo lo sto chiedendo per te, non certo per me. E poi, in ogni caso fa parte del mio progetto con te amico mio, tu hai dei problemi e per questi problemi noi abbiamo concordato che tu puoi trarne un beneficio da una vita in comunità, ma guarda che io non sto parlando della comunità, non è che tu stai bene perché ti metto in comunità, tu stai bene perché ti inserisco in un ciclo di vita e di attività che in quella comunità può essere favorito, il che non significa che tu stai sposando le mura, tu stai sposando il progetto, tu mi firmi il progetto, il progetto consiste nell'inserimento in questo percorso perché io voglio che tu domani esca, voglio che tu sia capace di fare autonomamente la tua vita senza la comunità, senza più il padre che ti guarda, voglio che tu possa fare come il malato diabetico, vivere libero da solo nella tua vita e rapportarti al servizio sanitario come ogni altro.

Possibile mai che uno che ha il cancro può uscire a ballare andare in famiglia fare la sua vita e poi andare a fare le terapie e avere una buona qualità di vita e noi non possiamo? Ma chi l'ha detto, dove sta scritto?

Giovanni: Secondo lei, è compatibile la sanzione con il concetto di riabilitazione?

D'Allio: Tutto è compatibile, se noi ci mettiamo d'accordo dobbiamo andare da una parte, io sono pragmatico, voglio arrivare là! La dove abbiamo deciso di andare. Se tu mi dici che tra 10 anni vuoi fare una certa cosa, io pur di arrivare la dove tu vuoi arrivare, faccio i patti pure col diavolo.

Daniele: Una domanda importantissima, cos'è il progetto terapeutico personalizzato?

D'Allio: Non è una domanda importantissima, è "la domanda", ed è una tragedia che tu mi faccia questa domanda

Daniele: Faccio questa domanda perché è l'obbiettivo della intervista ma io so benissimo dal 2 dicembre, quando sono entrato, che questo percorso durerà circa un anno.

D'Allio: Bene, tu parti dal punto A e conosci il tuo obbiettivo, sai quale è il punto B. Questo percorso qua, chi lo controlla, quando lo controlla e come lo controlla?!?

Daniele: Lo controllano la mia Psicologa e i miei educatori

D'Allio: Ma sai quando lo controllano?

Daniele: Penso durante i colloqui

D'Allio: E sai cosa controllano?

Daniele: Immagino i miglioramenti che faccio

D'Allio: Io sarò dissacrante, il 2 dicembre 2010 tu dovevi sapere e dovevi esigere di sapere chi fa cosa e quando la farà.

Questo è il progetto personalizzato. Il progetto terapeutico personalizzato è dare dignità alla psichiatria dignità di scienza, come tutte le altre discipline. Se io esco di qua ed invece di rompermi una gamba ho una improvvisa crisi psicotica, io non so niente del mio futuro. Il progetto terapeutico significa all'inizio una grande dilatazione dei tempi, io devo capire davvero dove puoi andare e dove possiamo accompagnarti. Dobbiamo poi capire per arrivare a quel dato punto, quali sono i passaggi intermedi che bisogna percorrere e quindi, incominciare con la tua accettazione di questo percorso.

Vi faccio un esempio: C'è un ragazzo giovane che a 17-18 anni ha una crisi psicotica importante, dirompente, e arriva ai servizi. Il servizio che funziona dovrebbe prendersi il tempo di capire con il ragazzo giovane cosa si deve fare con questa persona, è fondamentale questo punto, è il punto iniziale, e qui che tu devi sforzarti al massimo. Io risento della mia formazione molto vecchia, per me la dignità della persona è salvaguardata da tre parametri: lavoro casa e tessuto connettivo, che poi è la vita di tutti noi.

Se io voglio farti raggiungere un lavoro in questo momento in cui tu non hai voglia di vedere nessuno e non riesci a socializzare e hai grossi problemi con pensieri strani, è chiaro che devo essere molto onesto con te, ora per raggiungere quel punto ci sarà bisogno di tempo e noi andremo piano perché io non voglio correre, non voglio bruciare le tappe, ma non troppo piano perché tu devi raggiungerlo quel punto e, per raggiungere quel punto, devi fare alcune cose.

Il contratto terapeutico che tu firmi con i tuoi genitori o i tuoi rappresentanti e con noi, proprio perché è impegnativo, ti farà capire che devi prendere i farmaci, e tu li prenderai perché ti stai impegnando a prenderli, discuteremo se ti faranno o non ti faranno bene; verrai a chiedermi di diminuirli, ti dirò no, vattene, perché stai meglio e quindi continuerai, ma dovrò portarti, tu che adesso non vuoi rapportarti con nessuno, ad aumentare la socialità, a riuscire a lavorare in gruppo, uscire in gruppo, fare piccoli lavoretti come un ragazzino che va verso il mondo del lavoro ma tutte queste cose, non devono essere parole, devono essere scritte e fatte.

Il paziente comincia il 2 dicembre entrando in una comunità, entra in una comunità perché si è impegnato a prendere i farmaci e a seguire tutto ciò che abbiamo stabilito sia utile per lui, e cosa abbiamo stabilito utile per lui? Abbiamo stabilito che dovrà fare un certo percorso e che al 3° mese questo percorso sarà controllato, e chi lo controllerà?

Sarà controllato dall'educatrice Maria Rossi che, in quella data concordata, alle 10 del mattino, verrà a vedere se tu hai raggiunto la tua socializzazione programmata.

Daniele: quindi tutto documentato

D'Allio: Esattamente questo è quello che succede per tutto il resto della medicina, se tu fai questo, prima di tutto sei trasparente.

Oggi invece la psichiatria e la trasparenza sono due termini antitetici. Questa trasparenza ci permetterà di formulare non tanto un progetto terapeutico quanto un progetto di vita, ed è per questo che io dico che è un progetto estremamente impegnativo.

Daniele: Quindi è come se tutto diventasse trasparente.

D'Allio: Certo, occorre dire che da troppi anni ci perdiamo a parlare di scatole e ci dimentichiamo che queste scatole sono abitate da persone e persone vuol dire esigenze e forse, la comunità sta perdendo la sua spinta propulsiva. Forse bisogna pensare a strutture diverse, molto più snelle molto più agili con meno lacci normativi.

Bisogna ripensare alle nostre comunità perché trovare venti persone che abbiano tutti e venti le stesse esigenze nello stesso momento mi sembra molto difficile.

Nuclei di soli dieci persone potrebbero essere più facilmente gestibili. Bisogna anche evitare che in comunità le attività, sia di tipo terapeutico che comportamentali o educative o creative, diventino, maliziosamente, un elenco fittizio.


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